Smooth-Stone e il problema dei data center

La Smooth-Stone ha ricevuto $48 milioni di dollari da un gruppo di investitori per le tecnologie green.

Tra gli investitori figura ARM e Texas Instruments.

L’obiettivo della Smooth-Stone è quello di realizzare tecnologie a basso consumo per le soluzioni server prendendo spunto dalle tecnologie già realizzate e utilizzate nel segmento delle telefonia cellulare.

In effetti, è possibile ritenere che i vari server dislocati in ogni dove negli USA richiedono ogni anno una quantità di circa 20 MegaWatts di potenza.

La Smooth-Stone è stata fondata nel 2008 e fin dall’inizio ha curato ogni aspetto di questa particolare problematica. La società ha sede in Austin, stato del Texas, negli Stati Uniti.

Intel e ARM al momento sono le due società che hanno cercato di dare un valido supporto alle tecnologie a basso consumo.

In particolare, Intel con le soluzioni della serie Atom: chip che hanno un’enorme seguito nella realizzazioni dei notebook.

Nello stesso tempo, ARM, da sempre, ha mostrato un grosso interesse di soluzioni all’insegna del risparmio energetico poiché sono componenti utilizzati nella maggior parte dei casi in applicazioni quali mobile e nell’ultimo Apple iPad.

Bruce Beckloff, vice presidente della corporate business development alla ARM, in una recente dichiarazione ha fatto presente che

Smooth-Stone’s approach of bringing low power technology into the server domain made them a perfect fit for our investment model

La posizione della Smooth-Stone è stata ribadita dal suo CEO Barry Evans:

Our goal is to completely remove power consumption as an issue for the data center […] Imagine that change for companies with a large presence on the Internet. They all deal with the reality that as the mass of information grows daily, so does their power consumption.

Gli altri investitori includono Advanced Technology Investment Co. (ATIC), Battery Ventures e Flybridge Capital Partners.

Ricordiamo che il settore dei data center rivestono un ruolo importante nella green economy, cosa per altro già ribadita dall’analista del settore Katherine Austin, presidente e fondatore della KDA.